di Cinzia Calzolari
Ricordo bene la ricerca di quegli anni 2013-15: per noi tutti era stata la prima esperienza, il primo tentativo di proporre delle idee, un ragionamento inverato dalla tecnica fotografica. Un tema condiviso divenne il fulcro per evidenziare molteplici differenze, singolarità, e raccogliere il racconto complessivo nel progetto editoriale di un nuovo album stampato: Illusive.
Tempo di formazione, di esercizi, in cui la ricerca visiva si affiancava alla scoperta dei linguaggi espressivi e ad una iniziale ricerca di sé. La parola progettare ricorreva; si trattava di definire un obiettivo rispetto a una domanda e di farlo concretamente, con strumenti e azioni. Altrettanto importante è stata la necessità di mettere in campo tutta la personale duttilità, non solo tecnica, ma anche, non scontata, quella del vedere. Quell’esperienza ci ha fatto capire l’importanza di prendere posizione e di utilizzare lo sguardo per trasformarla in parola.
Costante, nella scrittura di Giulio, è il fare del proprio punto di vista un argomento di confronto e discussione. Le immagini non sono solo la riproduzione della realtà, ma una versione interiore su cui attuare una messa a fuoco ripetuta, attraverso la valorizzazione di note specifiche. Certamente i suoi documenti dichiarano l’essere nomade in un territorio a un tempo comune e straordinario. “Traiettorie” topografiche personali, che portano con sé un carattere universale: il senso dell’Abitare. Cosa e come stiamo vivendo.
Le domande scandiscono le nuove immagini disciplinate dalla curiosità, come radiografie che portano a scoprire con sorpresa, nello scatto intensamente ricercato, dei semplici e naturali paradossi.
Mi sembra chiaro: solo chi è in grado di sostenere una costruzione progressiva e mai finita della propria sensibilità dialoga con la nostra attenzione, provocando una profonda immersione e una forte identificazione. Ci è data, quindi, la possibilità di vedere con un “secondo sguardo” gli spazi, le forme che si fanno pensieri.
Li avevamo sempre visti, questi luoghi intorno a noi, ma distrattamente e, forse, senza comprenderli del tutto.